Intervista a Andrea Molesini, autore di “L’avventura di Ulisse”

Quali sono state le ragioni che l’hanno portata a riscrivere l’Odissea per un pubblico di giovani lettori?

L’Odissea, con Guerra e pace e Moby Dick, è il centro del mio Pantheon letterario, il polmone dell’anima, se vuole. È un libro che ha fondato il destino di uomini e nazioni. L’intero Occidente, ancora oggi, non sarebbe tale senza il personaggio di Ulisse: l’uomo dalle molte arguzie, capace di adattarsi, di spiare il mondo per coglierne occasioni di conoscenza e prosperità; il guerriero coraggioso e prudente, equidistante da codardia e temerarietà. A differenza di Tolstòj e Melville, Shakespeare e Dante, Omero è anche un autore per ragazzi. È l’unico dei supremi signori della lingua a esserlo, non perché il suo universo simbolico e linguistico sia meno complesso di quello degli altri giganti del dire, ma perché dovunque i suoi poemi toccano quel che fa di noi dei cittadini dell’universo, prima che di questa o quella società, ignorando tutte le bazzecole che la nostra modernità scambia per l’essenza dell’uomo: economia, statistica, sesso. Nell’Odissea ogni ragazzo, anche se non conosce ancora il peso e potere dell’eros e dei soldi, trova tutto quel che gli serve per capire il gioco del visibile e dell’invisibile di cui è fatta la storia della nostra specie.

Per scrivere “L’avventura di Ulisse” si è basato sull’Odissea di Omero oppure ha utilizzato una traduzione in prosa?

Ho utilizzato la traduzione in prosa (inglese) di Lawrence d’Arabia, a mio avviso quella che più fa sentire la presenza della volta stellata e del minaccioso incavo dell’onda sul mare colore del vino. Ma anche la bella prosa italiana di Maria Grazia Ciani e quella francese di Leconte De Lisle mi sono state utili.

A differenza di altre riscritture dell’Odissea per ragazzi, “L’avventura di Ulisse” rispecchia fedelmente gli episodi narrati da Omero, anche quelli più drammatici. Quali sono stati i tagli narrativi che ha deciso di attuare e per quale ragione?

Ho cercato di tradurre (tradere) la scultorea bellezza delle vicende narrate da Omero. Ho ridotto, per istinto più che per calcolo, la presenza degli dèi, non perché abbiano un ruolo secondario, ma perché oggi sono meno immediatamente comprensibili. Ho però mantenuto i presagi generati da Zeus e gli interventi di Pallade Atena, che impedisce persino al sole di sorgere perché il buio e il silenzio avvolgano l’agnizione di Odisseo e Penelope, sotto il portico dai molti echi. Uno dei momenti più alti della poesia universale, quasi un’anticipazione intuitiva del tempo quantistico concepito dalla scienza del secolo appena trascorso. Il tempo si ferma, e poi, dopo il racconto degli anni trascorsi lontano, la dea dona il dolce sonno e consente ai puledri schiumanti di energia di essere aggiogati al carro del sole, che scaccia la tenebra, un rito antico che sorprende l’umanità con ciclica precisione: l’aurora dalle dita di rosa.

Quando Ulisse incontra le sirene ne ascolta il canto. A differenza del testo omerico l’incontro non si esaurisce nella ridotta descrizione del fascino del loro canto, ma viene descritto nei dettagli la meraviglia del canto. Quale è stata la ragione che l’ha spinta ad aggiungere questa descrizione? Dove ha trovato ispirazione?

Non c’è una ragione precisa, la logica a volte tradisce. L’ispirazione è un sommovimento emotivo che ci sorprende e travolge mentre siamo al lavoro, ha a che fare con la grazia e la fortuna, cose dispensate dagli dèi, e solo da loro. Non dipende, mai, dalla volontà, insidiosa nemica della poesia.

Dal punto di vista stilistico e linguistico quali sono state le scelte che ha attuato per avvicinare il classico ai ragazzi?

Fatta la scelta (un poco a malincuore) della prosa, ho voluto che le frasi italiane echeggiassero il ritmo disteso dell’esametro, che assomiglia a quello dell’onda lunga dell’oceano. I miei ingredienti: una sintassi svelta e acerba, un lessico preciso, nient’altro.

Quali sono le ragioni che l’hanno portata a utilizzare in diversi punti del libro “l’intermezzo della musa”?

Omero non ricorre mai all’umorismo, non ce n’era bisogno. Ma a noi cittadini dell’oggi serve per sopportare quel senso di inadeguatezza verso il destino che tutti e tutto pervade. L’intermezzo (che ho staccato dal testo con il corsivo) è una strizzatina d’occhio al giovane lettore del mio tempo, ma potrebbe anche essere escluso.

Secondo lei, quali dovrebbero essere gli elementi fondamentali di una buona riscrittura di un classico per ragazzi?

Non so rispondere. Ogni autore deve ricorrere alla propria esperienza e passione, al proprio talento, e sperare che il suo daimon (se ce l’ha) lo sorprenda e lo guidi, altro non può fare.